Non sempre le scuse riescono a lenire le ferite provocate dalle menzogne. Non sempre si può riavvolgere il nastro come se non avessimo consumato l’ascolto di pezzi di miseria o la visione di scene di ordinaria stupidità.
Ma sempre le menzogne, le miserie e le stupidità ci devono portare alla consapevolezza di dover ancora tanto camminare sulla strada del cambiamento.
L’Uomo in generale e il malato in particolare è alla disperata ricerca della strada giusta di accoglienza, di cura e di conforto. Una ricerca quotidiana che ci pone davanti alla responsabilità della sensibilità, dell’attenzione e della delicatezza di cui i nostri stili di vita devono essere impregnati.
Chi si occupa di sociale, di politica, di sanità ha il dovere di essere attento, sensibile e delicato con la “materia umana”
Un antico proverbio spagnolo recita: “Yo espero ser recordado como alguien que hizo un poquito mas hermosa la tierra” “Spero di essere ricordato come qualcuno che ha reso un po’ più bella la terra”. Questo è il nostro obiettivo. Nelle relazioni umane soprattutto!
Invece, quante assenze consuntiviamo nella nostra vita di chi avremmo voluto e quante altre sono quelle nostre nella vita di chi avrebbe voluto!
Questo è il tormento che ci deve assalire e che ci deve portare a tenere un ipotetico conto delle parole mai dette e delle carezze mai date che avrebbero potuto curare, che avrebbero potuto consolare o che avrebbero potuto salvare.
E’ la vera riflessione a cui ci porta la vicenda di Guglielmo oggi.
Non perdersi nelle miserie e nella stupidità e nelle assenze.
Ma cambiare registro.
Come i padri del deserto ci hanno insegnato. Le cinque P che oggi tradotte in un approccio più laico possono rappresentare tracce di lavoro concreto di grande impegno sociale.
Protesta.
Allontanarsi da uno stile non più improntato al vero messaggio della solidarietà.
Penitenza.
Accettare un serio cammino di rivisitazione dei comportamenti.
Pazienza.
Saper aspettare che la comunicazione del cambiamento si irradi.
Preghiera.
Concentrarsi sul bisogno di interiorità e di etica.
Progetto.
Elaborare piani operativi e di azione che ridisegnino il binomio Ethos e Polis.
Grazie Guglielmo – amico e fratello – per aver ricordato a noi tutti che dobbiamo ancora saper guardarci dentro e che nonostante impauriti dalle vicende della vita, sappiamo che “additare le gemme che spuntano sui rami vale più che piangere sulle foglie che cadono “ (don Tonino Bello).
Un caro abbraccio
Nino Messina
L’incontro con un molfettese silentemente eccellente
NINO MESSINA: l’apostolato di un manager per una sanità al servizio dell’uomo
Talento professionale ed umiltà: un binomio sempre più raro.
Tra i molfettesi che silenziosamente si distinguono per affinato bagaglio tecnico, doti personali ed impegno sociale non più usuali in incarichi manageriali di grande spessore mi piace annoverare il dott. Nino (Nicola) Messina.
Attualmente ricopre il ruolo di Direttore Amministrativo dell’Ospedale Regionale Ecclesiastico Miulli di Acquaviva delle Fonti. In pratica gestisce con sobrietà e grande acume professionale una delle più accreditate ed efficienti strutture sanitarie della nostra Regione e dell’intera area meridionale italiana.
Il suo curriculum è straordinariamente ricco di diversificate esperienze che, in età giovanile, erano abbinate al contemporaneo impegno negli studi universitari, binario anche questo in disarmo nei giovani della cosiddetta generazione 2.0
Parlando con lui appare quasi intuitivo che egli proviene da una di quelle famiglie contadine che normalmente si nutre di linfa “vecchio stampo” prodotta da radici sane e virtuose, capaci di irrorare la quasi perduta missione di inoculare la cultura di un benessere sociale a cinque stelle.
Nino Messina è un manager “speciale”, da tempo impegnato nella ricerca di trasporre i processi della nonviolenza all’interno della vita aziendale, in un settore che ha affollato negli ultimi decenni le aule dei tribunali per ruberie e malversazioni; strappi risanati da balzelli e ticket che molti fanno fatica a pagare.
Ultimo di quattro figli, educato in un ambiente pervaso da profonde radici religiose, abituato al lavoro duro ed al quotidiano sacrificio, si è dedicato con profitto allo studio dell’economia, non trascurando la propria formazione spirituale e gli stimoli provenienti dal mondo ecclesiale.
Negli anni giovanili è stato discepolo appassionato di don Tonino Bello, nonchè al servizio dell’Azione Cattolica locale, dapprima come formatore, poi come responsabile parrocchiale e diocesano.
Manager Fincantieri per 10 anni, esperto di economia aziendale industriale, ha portato a compimento lo “start up” della multinazionale tedesca Getrag di Modugno, presso la quale è stato direttore centrale per 7 anni.
Tra il 2004 e il 2015 ha abbracciato una speciale missione avviando e portando a compimento l’impegnativo processo di risanamento dell’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e dell’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti, due eccellenze della sanità pugliese. Chapeau!
Le teorie trascinanti di don Tonino Bello, di cui continua ad essere studioso e cultore in tutto il suo cammino personale e lavorativo, assecondano la costante voglia di fare e di intraprendere nuovi percorsi. L’imperativo è ribaltare le logiche comuni, sovvertire le dinamiche aziendali e manageriali, riscrivere le leggi dell’economia che soggiogano l’uomo in nome del massimo profitto, rivalutare l’uomo pensato come fulcro della creazione.
Da ciò l’impegno, perseguito con caparbia consapevolezza, non senza ostacoli e disinganni, di ridare all’uomo, nei processi aziendali e nelle dinamiche lavorative, come nei rapporti interpersonali, la necessaria attenzione alla sua storia, alle sue aspirazioni, al suo futuro. La cura dei talenti attraverso progettualità formative, professionali e umane, sviluppano metodologie con al centro l’ascolto, la comprensione, la compassione, la cura.
Ciò è ancor più vero se si traspongono le dinamiche aziendali in seno ad una realtà produttrice di assistenza sanitaria, in cui l’esigenza di contenere i costi si scontra con la necessità di garantire assistenza, cura e conforto, ed in cui la materia prima è la “persona”, non solo corpo malato da guarire, ma anche e soprattutto individuo, creatura umana, essere intelligente e sensibile, con aspettative, timori, dolori, debolezze, amplificati dalla malattia.
Nino Messina rilegge in questa chiave la parabola del buon samaritano, il quale, viandante, si imbatte durante il suo cammino in un uomo ferito, ignorato da altri viandanti, ciascuno perso nelle proprie preoccupazioni.
Il samaritano, che nell’accezione evangelica è l’antonimo dell’uomo esemplare, stupisce le nostre attese: “passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”.
Così descrive Nino l’intervento del samaritano, coniugando il messaggio evangelico con l’operatività aziendale, ed ospedaliera in particolare:
“Per il samaritano il perdere tempo vuol dire investire tempo, arricchire il valore patrimoniale della propria professionalità e del proprio compito di aiuto”.
Per questo il farsi vicino racchiude una dinamica gestionale coraggiosa, che rallenta la frenesia produttiva e commerciale, ma accelera la capitalizzazione dell’investimento, riconoscendo alla carità un valore di attivo patrimoniale che moltiplica lo sforzo in valore ed inverte il concetto del tempo perso.
Siamo davanti ad un approccio antieconomico puro e quasi sfacciato, che scandalizza un qualunque manager impegnato in un processo di risanamento, razionalizzazione e contenimento di costi.
E’ un’imprenditorialità sanitaria nuova e impegnativa, che si dona al paziente “senza misura”.
I temi che Nino Messina affronta, nel corso di incontri di formazione rivolti a manager ed operatori del settore, segnano una mappa concettuale ed operativa, necessaria ad attivare quell’importante percorso di riflessività, che può condurre il personale verso una nuova consapevolezza del proprio ruolo all’interno dell’azienda.
Da una nuova visione aziendale infatti scaturisce una nuova missione, che si incentra sulla rimotivazione di ogni operatore, che così eleva non solo il livello della prestazione, ma anche del suo benessere.
Si parte, perciò, dal significato provocatorio dell’icona del “Management col grembiule”, inteso come massima espressione del servizio caritatevole, derivazione diretta della “Chiesa col grembiule”, che ha caratterizzato il magistero di don Tonino Bello.
Il riferimento è tratto dall’episodio della lavanda dei piedi che Gesù pratica ai suoi discepoli durante l’ultima cena, cingendosi la vita con un grembiule.
Associare, secondo Nino, il grembiule al management vuol dire “organizzare, avere un’attenzione particolare alle proprie risorse collaborative, alle proprie risorse umane, invertire il concetto della gestione delle risorse umane con quello della gestione umana delle risorse”.
L’approccio di Nino Messina al personale, al cosiddetto “capitale umano” è innovativo. Nei documenti ufficiali dell’Unione Europea il “Capitale Umano” viene definito come quell’insieme di “conoscenze, capacità, competenze ed attributi di cui dispone l’individuo, che facilitano il benessere personale, sociale ed economico”.
Ogni lavoratore, teorizza Nino, non deve fermarsi alla semplice “mano-d’opera”, ma deve andare oltre, verso la “mente-d’opera”, per poter giungere infine al “cuore- d’opera” e quindi verso una dimensione amorevole del proprio agire.
In questo percorso di crescita è importante il ruolo della dirigenza, che deve essere in grado di offrire le giuste opportunità, creare le circostanze, che diventeranno il fattore di potenza delle singole capacità.
Una cultura del cambiamento, quindi, che implica necessariamente la mobilitazione dei processi dell’apprendimento continuo. L’idea di cambiamento rappresenta uno stimolo che diviene rilevante solo quando non rimane patrimonio personale di un singolo individuo, ma diventa impostazione culturale condivisa e perseguita da un gruppo, da una organizzazione.
Le nuove frontiere di progettualità per Nino Messina sono:
Da molti anni Nino Messina approfondisce tematiche di conciliazione del mondo dell’economia e del lavoro con la sfera spirituale sul sito www.managementnonviolento.it. Un abbinamento inusuale e, forse, utopico. Ma non per lui. Molfetta non può che inorgoglirsi.
Nino Messina, sposato, padre di due figli, è Direttore Amministrativo dell’Ospedale “F. Miulli” di Acquaviva delle Fonti.
Manager industriale per 25 anni (Fincantieri, Isotta Fraschini, Getrag) con esperienza di controller per produzioni US Navy e project finance in Germania, è stato anche direttore pianificazione e controllo presso Casa Sollievo della Sofferenza e direttore Area Politiche della salute della persona e delle pari opportunità della Regione Puglia.
Formatore e esperto in analisi di clima aziendale, ideatore e promotore di una cultura di impresa cosiddetta "management nonviolento”, è stato uno dei "ragazzi" di don Tonino Bello.
…perdono e riconciliazione aziendale….
un buco di bilancio
lo puoi nascondere
lo puoi confessare
oppure
…cerchi.. di dormire….
Nino Messina